07:34 | 19 apr 2024

MF ANALISI: Draghi non si è limitato al tema della competitività

Di Angelo De Mattia

ROMA (MF-NW)--Le linee del report presentate da Mario Draghi stanno facendo discutere. Ma gli osservatori continuano a considerare, con poche eccezioni, lo studio come svolto solo sulla competitività dell'Unione Europea. In effetti, pur essendo il mandato conferito all'ex presidente della Bce proprio sulla competitività, lo studio, stando alle anticipazioni e al discorso di Draghi tenuto a La Hupe, dimostrerà che per affrontare adeguatamente questo tema occorre trattare il complesso della politica economica, di quella istituzionale e della politica estera. Insomma, la competitività come fattore che pone l'esigenza di presentare quello che si potrebbe definire un vero e proprio programma di governo dell'area e di riforma di aspetti fondamentali dell'economia e delle istituzioni. Altra cosa è ciò che si fa discendere da coloro che colgono il deciso ampliamento del "thema decidendum" aprendo il discorso su di un futuro vertice della Commissione Ue o del Consiglio con all'apice l'ex presidente del Consiglio che invece è materia, anche per le differenziazioni che può creare e che già si delineano, da non affrontare ora. Bisogna distinguere, per l'importanza stessa dei programmi contenuti nel report, tra contenuti ed eventuale futuro personale, quest'ultimo da valutare in una fase più avanzata e non ora, avvenendo adesso - si ritiene - "inaudita altera parte" e, forse, giustamente "nolente altera parte". A un livello ben diverso, ma di una certa importanza, si presenta la discussione in corso, nell'Europarlamento, del progetto Edis, l'assicurazione europea dei depositi che viene affrontata in un modo non previsto quando, con l'accordo intergovernartivo del 2014, fu varato il progetto di Unione Bancaria con i tre pilastri: Vigilanza Unica, disciplina della gestione delle crisi bancarie e Fondo Unico di Risoluzione, garanzia comunitaria dei depositi. Dei tre pilastri, a dieci anni dall'accordo, soltanto il primo è stato realizzato, mentre il secondo è solo parzialmente attuato e il terzo è stato per lungo tempo completamente in alto mare. Ora però la Commissione Econ dell'Eurocamera, in cui è incardinata l'istituzione del Fondo europeo di garanzia dei depositi, intende portare a termine il relativo esame entro questa legislatura ormai "in articulo". L'Abi è intervenuta, rilevando in sostanza che un tale progetto non potrebbe essere definito nella fase finale della vita di questo Parlamento perchè comunque richiede un approccio graduale e ordinato. Una decisione, oggi, sarebbe prematura. In effetti, non è l'avvio del varo del progetto che è intempestivo, ma sono inadeguati il modo in cui lo si affronta, le finalità concrete e i riflessi, ma anche la stessa tuttora mancata piena attuazione del secondo pilastro (appunto, i collegamenti). Insomma, con una modalità diversa da quella finora sostenuta soprattutto dalla Germania e suoi satelliti ma con finalità uguali, si istituirebbe la garanzia europea, ma si collegherebbero le contribuzioni nazionali a livelli di rischio delle banche incentrati sugli investimenti in titoli pubblici fin qui privi di rischio. La conseguenza potrebbe essere uno stimolo a disinvestire parte di tali titoli. È peggiore la toppa del buco. L'allora premier Mario Draghi, in presenza di una diversa ipotesi di collegamento della garanzia in questione ma sempre con titoli di Stato, sostenne che era preferibile nessun accordo a una intesa che sarebbe stata deleteria. Siamo dunque punto e a capo, ma con gli stessi intenti e contenuti. Se questi sono i modi e le finalità, è bene accantonare il tutto e riprendere ex novo l'esame nel corso della prossima legislatura. (milanofinanza.it)

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1907:34 apr 2024