MILANO (MF-NW)--All'inizio dell'anno, "eravamo convinti che le opportunità offerte dai titoli azionari dei mercati emergenti fossero davvero notevoli. Questa asset class era scambiata con lo sconto più elevato mai registrato rispetto ai mercati sviluppati, cosa che ritenevamo insostenibile perché i fondamentali non erano poi così negativi, anzi, erano piuttosto buoni, soprattutto se si considerano i livelli di debito, i deficit e le partite correnti", afferma Laurence Bensafi, Deputy Head EM Equities, Rbc BlueBay. "Quello che abbiamo sempre sostenuto è che occorre un fattore scatenante, solitamente un cambiamento di tendenza, per invertire il trend di sottoperformance dei mercati emergenti che si protraeva da tempo e vedere un miglioramento".
All'inizio di quest'anno abbiamo scoperto che il fattore scatenante è stato il Liberation Day, continua l'esperto. C'erano preoccupazioni riguardo all'ascesa al potere di Trump e al suo impatto sulle diverse asset class. Come emerso chiaramente nelle settimane successive, il Liberation Day ha avuto un impatto negativo sul dollaro statunitense, che è stato invece molto positivo per i titoli azionari dei mercati emergenti, i quali tendono a essere piuttosto correlati positivamente con un dollaro debole.
Il secondo motivo, è che i dazi hanno messo in evidenza i punti di forza di alcuni Paesi emergenti rispetto all'economia statunitense, ed è anche per questo che da allora abbiamo assistito a una performance positiva. "Siamo ancora molto ottimisti nel lungo termine, la valutazione relativa è ancora piuttosto interessante. Continuiamo ad apprezzare la buona crescita economica e i numerosi cambiamenti e riforme in atto in quei Paesi", afferma l'analista. Nel brevissimo termine l'indice ha registrato ottimi risultati, con una buona performance. Ora, probabilmente, "abbiamo bisogno di vedere dati positivi o ulteriori riforme da parte di alcuni dei grandi paesi, come India e Cina, per assistere, fino alla fine dell'anno, al proseguimento del rally, ma restiamo comunque molto positivi nel medio-lungo termine".
Alcuni paesi, inoltre, si sono preparati a lungo ai dazi, continua l'analista. La Cina si sta organizzando da sette anni, perché questa è la seconda guerra commerciale con gli Stati Uniti. I cinesi hanno davvero diversificato la loro presenza manifatturiera in tutto il sud-est asiatico, ad esempio, e si può vedere, in effetti, un forte calo delle esportazioni verso gli Stati Uniti negli ultimi anni, ma con un'enorme esportazione verso quest'area, in particolare, e verso altri mercati emergenti. Inoltre, le aziende trovano il modo di aggirare il problema e sono molto interessate a diversificare la loro clientela.
Se guardiamo al quadro generale, prosegue l'esperto, "direi che l'impatto è stato relativamente modesto, ma c'è stato anche un notevole ritardo nell'attuazione dei dazi. La Cina non ha ancora preso una decisione definitiva. Riteniamo che la Cina avrà il sopravvento e che gli Stati Uniti soffriranno più della Cina a causa dei dazi. Questo effetto boomerang ha messo in luce il fatto che l'economia statunitense vuole riportare parte della produzione sul proprio territorio, ma non è facile, e nel frattempo può davvero danneggiare la propria economia applicando dazi così elevati ai propri principali partner".
In questo contesto, "cerchiamo di individuare aziende eccellenti in grado di creare valore per gli azionisti, attraverso un approccio tematico, che ci permette di identificare le aree di crescita a lungo termine. Due di queste aree che abbiamo individuato sono le infrastrutture future e la trasformazione tecnologica". Per quanto riguarda le infrastrutture future, "ci sono stati chiaramente molti cambiamenti, soprattutto all'inizio, quando si parlava soprattutto di elettrificazione. Recentemente ci siamo concentrati sulle energie rinnovabili, che sono state promosse principalmente dai paesi emergenti, come India e Cina, che vogliono essere indipendenti dal punto di vista energetico". Nelle infrastrutture del futuro, "un aspetto che riteniamo davvero importante è quello dei materiali di transizione, necessari per far funzionare le batterie e per costruire le energie rinnovabili. In questo campo, abbiamo individuato il rame come un ottimo investimento".
"Un altro settore in cui abbiamo lavorato molto negli ultimi quattro anni, con un certo anticipo rispetto al mercato, è l'intelligenza artificiale", conclude. Quando si parla di IA, si pensa alle grandi aziende statunitensi, alle poche che sono coinvolte, ai CSP o alle grandi aziende tecnologiche. In realtà, "l'intera catena di produzione delle principali aziende del settore dell'IA si trova nei mercati emergenti, in particolare in Corea e Taiwan. Il settore tecnologico, se si sommano l'hardware, le piattaforme e tutte le società di servizi IT, è in realtà il più grande nei mercati emergenti e sicuramente più grande di quello dei mercati sviluppati, molto più grande di quello europeo, ma anche più grande degli indici statunitensi".
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2018:43 ott 2025