MILANO (MF-NW)--La competitività dell'Ue passa per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e il Rapporto recentemente presentato dall'ex premier Mario Draghi lo dimostra. Secondo Milena Prisco, partner e responsabile del dipartimento Esg di Pavia e Ansaldo, gli ingenti investimenti necessari per rilanciare la competitività dell'Ue dovrebbero rispettare i canoni della finanza sostenibile quando si tratta di valutarne rischi e opportunità. Sebbene Draghi critichi la sovraregolamentazione europea, che continua ad aggiungere "oneri" per le aziende dell'Ue, per l'avvocato le nuove direttive europee in ambito Esg sono necessarie e non vanno considerate come un costo ma, piuttosto, come un investimento di lungo periodo per le società.
Domanda. Il Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea identifica aree strategiche d'intervento per rilanciare la crescita sostenibile. E una riguarda la dimensione Esg. Quali sono i punti di forza delle proposte di Draghi in questo ambito?
Risposta. Il rapporto Draghi riflette implicitamente gran parte degli obiettivi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, evidenziando l'importanza fondamentale di procedere con grandi investimenti per stimolare la competitività, attraverso il raggiungimento degli obiettivi climatici, l'innovazione, infrastrutture resilienti, nonché il reskilling della forza lavoro. In questa direzione va anche la proposta di migliorare la capacità delle Pmi di accedere ai finanziamenti green. Quindi, la competitività dell'Ue passa per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La visione di Draghi si basa su una corretta armonizzazione di norme, policy e mercati, per garantire un level playing field, quindi un comune terreno di gioco, che consentirebbe alle imprese Ue di essere competitive, elementi che sono già intrinseci all'attuale impianto normativo Esg.
D. Quali ritiene siano, invece, i punti di debolezza del Rapporto in ambito Esg?
R. Più che punti di debolezza l'importanza strategica di ingenti investimenti per una nuova competitività sembra essere slegata dai canoni della finanza sostenibile. I rischi Esg sono tecnicamente dei rischi finanziari, gli investitori e le banche considerano sempre più spesso i fattori Esg quando prendono decisioni di investimento o di finanziamento, riconoscendo il loro potenziale impatto sui risultati finanziari delle aziende e sulla creazione di valore a lungo termine. I rischi Esg possono essere individuati, misurati, prevenuti o gestiti e mitigati solo con piani aziendali che hanno in una governance strutturata e nel reporting di sostenibilità il loro braccio armato. Inoltre, la standardizzazione e armonizzazione auspicate come elemento cruciale per la competitività sono garantite da norme come la Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), il Regolamento SFDR e la stessa Tassonomia Green. Quindi, a mio parere, nessun investimento strutturale dovrebbe prescindere da un approccio Esg di commisurazione di rischi e opportunità.
D. Nel rapporto, Draghi assume una posizione critica nei confronti della sovra regolamentazione dell'Ue, dicendo che "gli oneri normativi" che Bruxelles continua ad aggiungere per le aziende europee limitano la crescita e l'innovazione e sono particolarmente costosi per le Pmi. In questo onere normativo fa rientrare anche le nuove direttive europee in ambito Esg, come la Direttiva CSRD e la Direttiva CS3D (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). Qual è il suo pensiero?
R. Questa affermazione deve essere contestualizzata, perché altrimenti è fuorviante. Il rapporto sottolinea giustamente che sono necessarie semplificazione e linee guida, ma dovrebbe anche ricordare che alcune linee guida esistono già e ne seguiranno altre, che sono in corso di definizione. Poiché si tratta di nuove normative, però, c'è bisogno di tempo per sviluppare prassi e orientamenti. Inoltre, l'argomentazione di Draghi relativa ai costi è per lo più basata su stime risalenti a un rapporto Efrag del 2022 quando la Direttiva CSRD ancora non era ancora in vigore. In questa fase di implementazione - le prime relazioni di sostenibilità si avranno nel 2025 - molte imprese sono alle prime armi e le pratiche Esg devono ancora essere pienamente consolidate. Pertanto, è difficile effettuare stime affidabili dei costi di compliance e di garanzia a lungo termine (come dei benefici).
D. E' sbagliato quindi parlare di "oneri"?
R. A mio vedere se una regolamentazione è un "onere" dipende anche dal modo in cui la si affronta. I regolatori, le autorità di supervisione, nonché i vari stakeholder, devono trovare il modo di spingere l'agenda Esg "oltre la compliance". Quello che mi sembra riduttivo è fermarsi a considerare l'implementazione della CSRD e della CS3D come un costo e non come un investimento di lungo periodo. Con la CSRD il mercato, le autorità di regolamentazione, le banche e gli investitori, possono infatti acquisire informazioni sull'esposizione delle aziende ai rischi Esg, consentendo una gestione proattiva dei rischi e un processo decisionale strategico, che è essenziale per la competitività dell'Ue. Sicuramente abbiamo bisogno di maggiori indicazioni su come attuare l'intento originario della CSRD, quindi ben venga una semplificazione della regolamentazione se funzionale a una migliore e armonizzata applicazione della norma, basta che non diventi una deregolamentazione.
D. Facendo un passo indietro, ci può illustrare brevemente che cosa prevedono le direttive CSRD e CS3D e quali nuovi obblighi introducono per le imprese?
R. La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è la direttiva sul reporting di sostenibilità, applicabile da quest'anno alle società quotate già soggette alla Dichiarazione Non Finanziaria, dal 2025 alle grandi aziende e dal 2026 alle Pmi quotate. La direttiva ha un impatto importante anche a carico delle aziende extra-Ue che abbiano una controllata o una succursale nell'Unione e prevede uno spettro ampio di obblighi di rendicontazione di rischi e opportunità Esg. La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D) stabilisce, invece, i requisiti di due diligence per le grandi aziende, con l'obiettivo di prevenire e mitigare gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente. La CS3D amplia gli obblighi di trasparenza Esg a tutta la filiera e introduce piani per la compatibilità climatica aziendale, coinvolgendo in tal modo anche le Pmi. Introduce, inoltre, obblighi per gli amministratori delle società interessate, tra cui l'istituzione e la supervisione dei processi di due diligence. La direttiva dovrà essere recepita entro due anni dalla sua entrata in vigore e si applicherà con un approccio graduale di cinque anni.
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0111:18 ott 2024