MILANO (MF-NW)--Il mercato azionario statunitense ha raggiunto il livello massimo di concentrazione degli ultimi 92 anni, con le dieci maggiori società a livello globale che ora rappresentano circa un quarto del valore azionario mondiale. In questo contesto la principale sfida per gli investitori è saper 'diversificare' che, come diceva l'economista Harry Markowitz, è l'unico pasto gratis nel mondo degli investimenti. Il tema della diversificazione è al centro del report annuale di Ubs 'Global Investment Returns Yearbook', all'interno del quale gli economisti: Elroy Dimson, Paul Marsh e Mike Staunton ripercorrono gli ultimi 125 anni di storia del mercato azionario e obbligazionario globale per capire meglio cosa può riservarci il futuro e come meglio preparare il portafoglio investimenti.
Dal 1900 a oggi il mercato azionario si è mostrato straordinariamente redditizio: Ubs calcola che un investimento di 1 usd oggi vale 107.409 usd. Al contrario questi 125 anni non sono stati particolarmente favorevoli per gli investitori in titoli di Stato. Sebbene i titoli obbligazionari siano stati generalmente meno volatili delle azioni, questi hanno anche sperimentato alcuni periodi prolungati di rendimenti molto bassi o elevati. Dal 1900, la deviazione standard media dei rendimenti obbligazionari reali nei vari Paesi è stata del 13,2%, contro il 23,0% delle azioni e il 7,5% dei titoli di Stato. D'altro canto l'investimento in titoli azionari seppure si è rivelato redditizio nel lungo periodo, è stato accompagnato da volatilità.
La pazienza è chiave negli investimenti, in particolare quando ci si trova di fronte a periodi di crisi. Gli investitori sono spesso preoccupati per l'acquisto di attività che poi subiscono un drastico calo di valore. Gli aspetti cruciali sono la profondità del drawdown e il tempo di recupero. Dopo il crollo di Wall Street del 1929, le azioni statunitensi sono scese al minimo nel luglio 1932 e il recupero è avvenuto solo nel febbraio 1945, ovvero in quindici anni e mezzo. Il successivo grande ribasso si è verificato dal gennaio 1973 all'ottobre 1974: in termini reali, le azioni sono rimaste "sott'acqua" per oltre dieci anni. Dopo lo scoppio della bolla tecnologica, nel marzo 2000, i prezzi delle azioni statunitensi sono nuovamente crollati e il periodo di recupero è durato sette anni e mezzo, fino al luglio 2007. Per riprendersi dall'ultima crisi finanziaria globale nel 2008 il mercato ha impiegato quattro anni.
Arrivando al tema della diversificazione, il primo punto che il report affronta è quello della diversificazione multi-asset. La chiave storicamente rimane un portafoglio formato da azioni e obbligazioni. Nel lunghissimo periodo la correlazione tra azioni e obbligazioni è stata in media di 0,33 nei vari Paesi e di 0,19 negli Stati Uniti. Questa bassa correlazione ha permesso un buon margine di riduzione del rischio.
Sebbene la globalizzazione abbia aumentato la misura in cui i mercati si muovono insieme, i potenziali benefici in termini di riduzione del rischio derivanti dalla diversificazione internazionale rimangono elevati. Negli ultimi 50 anni, nella maggior parte dei Paesi, investire all'estero ha portato a guadagni più elevati rispetto ad investimenti esclusivamente nazionali. Detto questo, se è vero che ci sono state solo poche eccezioni a questa regola, una di queste riguardava il mercato più grande del mondo, gli Stati Uniti, dove gli investitori avrebbero fatto meglio a rimanere in azioni statunitensi.
Il ritorno dell'inflazione ha ricordato agli investitori l'impatto che questa può avere sui guadagni. Spesso si sostiene che le azioni sono una copertura contro l'inflazione. Tuttavia, mentre alcuni utili societari possono essere in qualche modo legati all'inflazione, il report di Ubs mostra come le azioni tendono a registrare performance particolarmente positive in termini reali quando l'inflazione è stata bassa.
Per proteggersi dall'inflazione gli investitori ricorrono storicamente a oro e materie prime. Dal 1972, le variazioni del prezzo dell'oro hanno registrato una correlazione positiva dello 0,34 con l'inflazione. Allo stesso tempo, se da un lato l'oro ha rappresentato una copertura potenzialmente valida contro l'inflazione, dall'altro è risultato volatile e con un basso rendimento di lungo periodo. Nel frattempo, il rendimento reale di un portafoglio equamente ponderato di futures su materie prime più ampie ha una correlazione di 0,21 con l'inflazione, pur offrendo un premio di rischio di lungo periodo accettabile.
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riccardo.stucchi@mfnewswires.it
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0412:05 mar 2025