07:32 | 24 apr 2024

MF ANALISI: se l’allarme sulla guerra arriva da Orban

Di Stefano Mannoni, professore alla facoltà di Giurisprudenza di Firenze

ROMA (MF-NW)--Quando il leader di un Paese, importante membro sia della Nato che della Ue, avverte che rispetto alla guerra in Ucraina stiamo giocando col fuoco, siamo sull’orlo del baratro e addirittura abbiamo rischiato un coinvolgimento militare diretto, bisogna prestare massimo ascolto e attenzione. Perché Viktor Orban, con le sue dichiarazioni, rende un servizio a tutti gli europei che si accingono a votare per elezioni europee nelle quali il tema della guerra è per lo più marginalizzato, se non esorcizzato. È invece l’alternativa tra la guerra e la pace rappresenta la sfida esistenziale cruciale per qualsiasi comunità umana, persino per quella degli europei, storditi da consumismo, edonismo e compiacimento. Lo sa bene Papa Francesco che l’allarme lo ha suonato da settimane incontrando il fastidio e l’indifferenza generale.

Ma perché proprio un ungherese si è sobbarcato l’ovvia impopolarità di gettare un tale macigno nello stagno delle altrimenti placide acque della politica di Bruxelles? La spiegazione è come sempre nella storia che, cacciata dalla porta principale dalla rassicurante narrativa neoliberale, ritorna prepotentemente dalla finestra. Gli ungheresi, per la posizione strategica del loro Paese collocato tra est e ovest e tra sud e nord dell’Europa, di guerre ne sanno qualcosa. A cominciare da quelle combattute per secoli con i turchi, passando poi per la Prima guerra mondiale quando l’imperatore Francesco Giuseppe, prima di dare inizio alle ostilità con la Serbia, si consultò proprio con il primo ministro ungherese Tisza. Un Paese, l’Ungheria, che ha pagato a carissimo prezzo i suoi coinvolgimenti militari. Perdendo dopo il 1918 molti territori e versando, durante la Seconda guerra mondiale, un tributo enorme in termini di vite umane e distruzioni quando il suo territorio, e la stessa Budapest, divennero il terreno di scontro di una battaglia atroce tra tedeschi e sovietici. Chi dubiti di quanto sto dicendo si legga i resoconti di Sandor Marai: parlano meglio di un libro di storia. Ecco allora che Orban, con la sua notoria durezza, ci sbatte in faccia l’enorme deficit democratico che grava sulle istituzioni europee e sull’Alleanza atlantica che si permettono il lusso di trascinarci surrettiziamente in un conflitto che l’opinione pubblica europea non desidera affatto combattere in prima persona. In Italia poi il dibattito politico sulla questione è narcotizzato dall’allineamento del governo e dei media con la Nato.

Solo Giuseppe Conte ha rotto questo coro unanime chiedendo un po' di accountability su scelte così vitali. Ebbene il richiamo di Orban ci avverte che è giunto il momento di prestargli ascolto chiedendo un serio dibattito in Parlamento, nel quale il governo scopra infine le carte del gioco, pericolosissimo, che si sta conducendo a Bruxelles, letteralmente sulla nostra pelle. (milanofinanza.it)

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2407:32 apr 2024